Austria Take 4

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Nonostante mi sia già passato quasi tutte le principali mete turistiche dell’Austria, è sempre un piacere tornarci. E’ proprio un vizio, un vivere bene, un paese dove i motociclisti sono i benvenuti, c’è aria fresca, panorami, strade perfette, hotel economici… Mi piace l’Austria, se non s’era capito.

PRIMO GIORNO [mappa]

Distrutto dall’ultimo viaggetto con 950 km in un giorno, tutta autostrada, stavolta ho pensato di evitarla come la peste, facendo solo Ferrara-Padova. Ha funzionato molto bene: sono arrivato poco piu’ tardi ma rilassato. Anche il motore era rilassato: 19-20 km/l non è male per il GS Adv, almeno credo. Il tempo non era dalla mia parte, ma oltre ai nuvoloni minacciosi non è successo molto, solo qualche goccia sul Plöckenpass / Passo di Monte Croce Carnico.

Ma prima di svalicare in Austria mi sono fatto la Panoramica delle vette, mai fatta prima d’ora. Allora. Io non sono un mototeppista di quelli che si vedono nei film o uno che sfida IL SISTEMA o roba simile. Però davanti al cartello rosso “chiuso / ferme’ / closed / geschlossen” non sono riuscito a fermarmi (e non potevo neanche far finta di non capire il significato, è scritto in ogni lingua cazzo!). Dopo centinaia di km, una stradina così invitante… Ho pensato di provare lo stesso… Dopotutto ero sempre in tempo a girare la moto fermarmi, scendere dalla moto, spingere come un dannato 300 kg di ferro, fare cento manovre e tornare indietro, no?

Bene, proseguo. A parte tantissimi aghi di pino, fogliame e qualche pietruzza è tutto ok. Incontro dei ciclisti con un camioncino di supporto e chiedo se sapevano cosa c’era di tanto “rotto” per chiudere la strada, visto che fino lì ci si arrivava bene. Un ciclista: “Eh sì penso che il cartello sia per una frana più avanti” e il tizio del camioncino “C’era il cartello chiuso? Ma dirmelo prima no?” ops, non volevo seminare zizzagna, proseguo. Ottimo panorama, peccato per la giornata uggiosa. C’è anche un tratto di sterrata/sassolini, che si fa con tranquillità con ogni moto. Con il GS mi sono trovato un po’ male, forse perchè avevo un sacco di bagagli, forse perchè sull’asfalto è una poltrona e sono abituato bene. Non so, non mi convinceva. Per non parlare dei sassolini che sbattevano sul motore, sugli scarichi cromati, che dolore! No, non sto diventando un fighetto, ma quando una moto costa un rene ste cose succedono. Per fortuna lo sterrato non dura molto.

Mentre proseguo pensando che il cartello di chiusura fosse assolutamente inutile, mi ritrovo la strada totalmente occupata da un camioncino. Ok, perfetto, e adesso che faccio? Neanche il tempo di pensare o dire qualcosa, l’omarino me lo sposta a filo con la montagna, lasciandomi lo spazio per passare. Grande! Ringrazio; un altro tizio più avanti mi inizia a urlare “Romagnolo? Sei romagnolo?” cazzo, ho detto solo una parola, come ha fatto! (no, non poteva vedere la targa, era davanti a me). Facciamo quattro chiacchere sul terremoto in Romagna, mi racconta del terremoto del Friuli del 76, mi chiede se conosco un tizio di Forlì (seh vabbè). Un chiaccherone instancabile, personaggio veramente piacevole.

Più avanti incontro 2 o 3 tagli netti nell’asfalto, forse per stendere tubi/canali di scolo, e qui la faccenda si fa seria perchè non si passava proprio. Buco tanto profondo. Vedendomi arrivare gli operai riempiono una piccola parte della fessura con delle macerie, e tra una bestemmia e un’altra mi dicono “dio *******, vai veloce! non fermarti! vai vai vai vai dio ****” e passo anche questi ostacoli. Cazzo, mi sentivo come in una pubblicità. Più avanti incontro un altro taglio già riempito, mi calmo un po’ perchè pensavo di avergli fatto fare un lavoro inutile, qualcosa da distruggere: trovarne un altro già pieno mi ha fatto pensare che fosse il loro lavoro riempirli. Spero.

Corro via felicissimo che mi sia andata bene: rifarmi tutto lo sterrato, specialmente con un tempo che prometteva acqua, non mi sarebbe piaciuto.

Ok, dopo al Plöcken Pass con qualche goccia d’acqua, in Austria è tutto un gran sole. A me piace pensare che al confine cambi tutto. Non accetto ragioni fisiche o logiche, tipo l’altezza della montagna che blocca i nuvoloni di maltempo. No. Non esistono ragioni. Dopo il confine, tutto è migliore. Punto.

Arrivato troppo presto a Großkirchheim, mi faccio una camminata da solo per il paese. Un po’ strano, ma rilassante. Cena al Döllacher Dorfwirtshaus sotto sguardi dubbi della cameriera, notte dalla Gertry.

SECONDO GIORNO [mappa]

A colazione arriva una motociclista italiana che se la cava bene con il tedesco, le faccio i complimenti e mi risponde che quello che sa in tedesco lo deve al suo lavoro in albergo… ok questa cosa “lavoro in albergo” l’ho già sentita da qualche parte… “Sei gabry71?” “Sì, il mondo è veramente piccolo!” :D

Decidiamo di emulare Gattostanco facendo anche noi una foto con la Gertry – cosa che probabilmente farò stampare e appenderò in camera. La accompagno al Grossglockner tramite una stradina che ci ha consigliato Gertrude, che passa da Apriach per arrivare a Heiligenblut. Molto carina, in quota, belle viste, ma non un granché dal punto di vista stradale. Ci salutiamo appena entrati sul Gross, lei se lo girerà con calma per poi tornare indietro, io invece me lo faccio un po’ spedito per arrivare alla destinazione di oggi: Eisriesenwelt, Il Mondo dei giganti di ghiaccio, a Werfen. E’ una gigantesca grotta con diverse formazioni di ghiaccio. Scoperta a caso su internet, cercando qualcosa da vedere a Salisburgo.

Scendendo dal Gross era CALDISSIMO, 25/30 gradi se non di più. Durante la strada per Werfen il mio fido Nokia E72 s’è spento per surriscaldamento (era nella custodia impermeabile per farmi da navigatore, povero). Arrivo comunque a destinazione, le grotte sono ben segnalate.

Inizio la camminata con lo zaino in spalla: per raggiungere l’ingresso della grotta ci sono circa 20 minuti di camminata, una funivia, e altri 20 minuti di camminata. Ok, per chi volesse andarci: io ho iniziato a camminare alle 13/13.30, sotto al ciocco del sole, NON VE LO CONSIGLIO, l’unico lato positivo è che la visita guidata è stata rilassante e in orario, magari la visita delle 15.30, cioè l’ultima, sarebbe stata piu’ frettolosa, magari più affollata.

Lo zaino è necessario perchè all’interno della grotta la temperatura è intorno allo zero, quindi un maglione e la giacca da moto si rendono obbligatori. Durante la salita alcuni tizi serbi mi chiedono a che ora parte la funivia, poi mi chiedono in che direzione si va una volta scesi dalla funivia, poi mi chiedono di fargli una foto. Insomma, uno parte con l’idea di deprimersi in solitaria e poi si ritrova a fare da guida a due coppiette di serbi!

La camminata è decisamente suggestiva, si vede da lontano il castello di Hohenwerfen che spunta come un fungo dalla vallata. Arrivato all’ingresso io e i serbi ci guardiamo intorno, non capiamo cosa dovrà succedere adesso, c’è solo un cancelletto chiuso. Dopo un po’ salta fuori una guida, di cui non ricordo il nome, raduna tutti in un gruppo e chiede piu’ o meno che lingua si parla. Nel nostro caso ha parlato in inglese, ma talmente lento e scorrevole che si capiva tutto. Addirittura le battutine. Alla consegna delle lampade al magnesio… “Those are open fire lamps, be careful not to fire up your neighbour, unless it’s your mother-in-law”.

L’ingresso nella grotta vera e propria è segnato da una porticina, una roba proprio.. esile, ma nell’aprirla si scopre una piccola sorpresa: raffiche di vento che raggiungono i 100 km/h nelle giornate più calde (dovuto allo scambio di calore bla bla).

Dentro è tutto un altro mondo, buio, stranissime formazioni di ghiaccio, veramente suggestivo. Ad un certo punto la guida ci fa notare delle rocce ricoperte di un sottilissimo strato di ghiaccio, che brillano illuminate dalle fiammelle delle lampade:

“We are lucky to see this, the ice it’s not always there…”
E tutti: “oooooh”, e iniziano a toccare le rocce…
“It’s not always there because everyone touches it!”

Favoloso.

Non si possono fare foto, è severamente proibito, inoltre è dannatamente buio, quindi l’unico momento buono sarebbe quando la guida tira fuori un qualche coso luminoso tipo magnesio che illumina tutto in modo molto suggestivo.

Esperienza unica senza ombra di dubbio. Un po’ caro il biglietto, avrei volentieri pagato 10/12 euro invece che i 20. Insomma, niente di fantasmagorico, però di sicuro stupisce. Una o due volte nella vita è da fare.

Al ritorno non sapevo se andare a dormire vicino a Salisburgo per visitarmela in serata, o tornare dalla Gertry. Opto per la seconda, quindi mi rifaccio tutto il Gross, stavolta con più calma.

Pausa birra sull’Edelweissspitze: dannatamente rilassante dopo ore di camminata al caldo. Qualche chiacchera con un motociclista tedesco riguardo la GoPRO montata sui valigioni, mi chiede cos’è come si usa se non ho paura che voli via, parliamo a gesti dato il linguaggio. Favoloso.

TERZO GIORNO [mappa]

Stavolta a colazione nessuna donzella, ma un gruppo di Harleysti Padovani. Non mi ispiravamo molta simpatia (sì sono uno stronzo razzista!), quindi mi sono fatto gli affaracci miei.

Decido di andare a vedere la diga Kölnbrein Dam, sulla Malta Hochalmstraße, strada a pagamento, 9 euro. Esagerati, decisamente esagerati per pochi km di strada di montagna. Tra l’altro ci sono anche diversi semafori, il primo con 15 minuti di attesa, oddio. VOGLIO I MIEI SOLDI INDIETROOOOOOOOO. La strada è stata decisamente una delusione.

Arrivato alla diga mi sono calmato: è una struttura gigantesca, fa subito pensare a quanta progettazione, quanto lavoro è stato necessario per creare un gigante così. La parte più carina (anzi, l’unica parte carina) sicuramente è l’airwalk, un balconcino al centro della diga con pavimento di vetro e griglie in metallo: guardandosi i piedi si intravedono 200 mt di vuoto. Bello.

Purtroppo inizia il ritorno a casa, stessa strada dell’andata, stavolta il Plöckenpass me lo sono fatto con il sole, anche se non è questa gran figata, specialmente se si becca una macchina o un camion, quasi insuperabile. Poi odio i tornanti in discesa: prima del tornate finisco sempre per frenare caricando un mucchio l’anteriore, cosa che ritengo pessima.

Ritorno con tantissime pause, la temperatura era stabile sui 30 gradi e stavo morendo. Anche questa volta sosta in un fiume, ne ho approfittato per lavarmi i pantaloni, la giacca, gli stivali e il casco.

Penso che sta cosa della tappa al fiume la renderò obbligatoria in ogni giro che farò. L’acqua che scorre attorno agli stivali è rilassante, rinfrescante, riposante. Allevia il dolore del ritorno.

RIFLESSIONI

Prima di tutto: superare gli ostacoli della Panoramica delle vette mi ha fatto apprezzare ancora di più la moto. Il bello è che girare in moto non ti annulla tutti i problemi: semplicemente cambiano. E’ affrontare qualcosa di nuovo. Ad esempio arrivare a destinazione (se c ‘è una destinazione!), arrivare VIVO a destinazione, trovare un posto dove dormire, dove mangiare. Mescolando tutto questo con qualche giorno di ferie, in modo da pensare “beh, chi è che ha fretta?”, per me è il relax più assoluto.

Diversi amici mi hanno chiesto come facevo a stare 3 giorni da solo, se non mi annoiavo, se non avevo paura: Beh, iniziamo col dire che non è una mia scelta, io invito sempre qualche amica, qualche amico, ma tutti dicono di no perchè non vogliono, non hanno soldi, non hanno tempo, non si divertirebbero o… non lo so!
Evidentemente ragioniamo in modo diverso: se quando non avevo la moto “grande” qualche amico mi avesse invitato a girare in Austria, cazzo, mi ci sarei precipitato.
Comunque più o meno c’ho fatto il callo, voglio dire: a cena e prima di dormire mi sento solo, mi piacerebbe parlare con qualcuno della giornata appena trascorsa, ma il resto del tempo sono sempre riuscito a tenermelo ben impegnato. Ci sono momenti che valgono già tanto senza bisogno di compagnia. Ad esempio, provate a farvi una Stiegl media sull’Edelweissspitze alle 18 di un giorno soleggiato. Il venticello fresco, i rumori delle moto in lontananza, un gigante di 3.798 metri vicino, motociclisti tutti attorno, che guardano la vostra moto incuriositi. Qualche chiacchera ci scappa sempre. E se non scappa, beh, basta pensare al traffico quotidiano, alle corse per andare al lavoro, al telefono che squilla, e… starete BENE.

L’unica cosa che mi dispiace è che ogni momento vissuto da solo è unico, probabilmente irripetibile (se non tramite foto, video, e questi report lunghissimi). E se mai troverò la compagnia (o la compagna) per questi giri, ho paura di non incontrare le stesse avventure che ho trovato da solo, come la guida simpatica all’Eisriesenwelt, o la strada chiusa con i mega buchi da superare. O l’operaio chiaccherone. Ecco, questa è l’unica cosa che mi dispiace del girare da solo.

Per quanto riguarda la paura: No, non ho paura a girare da solo. Beh, non esattamente: diciamo che in quasi tutti i giri in moto scelgo mete di montagna, stradine, paesini. E in quei posti l’unica paura che ho è che mi trattino troppo bene. Invece a Budapest e nelle campagne dell’Ungheria avevo paura, tanta paura. Ma… SONO ANCORA QUI.

Disponibili video e foto del giretto.

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